Nazareth

Terremoto in Albania: le parole di don Giovanni Fiocchi e il comunicato della Caritas cremonese

29 novembre 2019
News

Di seguito riportiamo le parole di Don Giovanni Fiocchi che ha scritto dopo il forte terremoto in Albania del 26 novembre.
Ricordiamo che don Giovanni è sacerdote cremonese “fidei donum” in Albania e amico dell’Associazione Drum bun da molti anni.

Alla fine è arrivata la botta grossa. In qualche modo si era annunciato con qualche colpetto a settembre ma tutti sappiamo che è ancora impossibile prevedere questi eventi con precisione. Ora non si parla più di qualche cornicione staccatosi o di qualche macchina danneggiata ma il bilancio, ancora provvisorio, va oltre i quaranta morti, i 600 feriti e le centinaia di case e palazzi crollati o lesionati irreparabilmente.

E chiunque conosce la realtà di questa nazione sa che sono danni pesanti e difficili da riparare, che devono essere affrontati da un popolo, uno stato, una amministrazione ancora inesperta  impreparata ad affrontare eventi così catastrofici.
Gli esperti hanno detto: un terremoto paragonabile a Norcia. Sappiamo tutti a tre anni di distanza quale sia la situazione in centro Italia. Immaginiamo ora che un evento analogo sia affrontato da una nazione di tre milioni di abitanti…
Parlando in questi giorni con un autista di camion che si trovava in Italia era chiaro da una parte il sollievo nell’aver notizie che la sua famiglia non era stata colpita nelle persone ma dall’altro lato la preoccupazione perchè il palazzo in cui abita era rimasto lesionato e, aggiungeva con un nodo alla gola, “…tu sai che la casa è il frutto di tutta una vita…”; 
Una volta superato lo choc iniziale chi dovrà affrontare le conseguenze dovrà fare i conti con tutto questo.
Io ho vissuto dall’Italia questo momento difficile per il popolo albanese. Ero già qui e in questi giorni ho dovuto restare qui per altri impegni. Mi ha sollevato la notizia che nelle mie zone e nei miei villaggi non ci sono stati gravi danni. Sono rimasto colpito come tutti dalle immagini e dalle cronache che hanno posto al centro della sensibilità le sofferenze di questa gente (quante volte la sofferenza diventa strumento per inseguire un’audience fluttuante e distratta).
Ora attendo con impazienza di poter tornare sabato 30, non per illudermi di fare il salvatore della patria, ma per iniziare a tessere quei contatti e quelle relazioni che possono essere un piccolo segno di consolazione nel non sentirsi abbandonati quando l’attenzione calerà, gli inviati saranno mandati altrove e la notizia, ormai vecchia, verrà piano piano relegata alle ultime pagine ed infine dimenticata.
Sicuro di avere con me la mia Chiesa, il mio Vescovo, la mia Diocesi, la mia Caritas e tutte le persone di buona volontà che ancora oggi credono alle parole di M. Teresa “…Non sono solo tragedie; per noi sono occasioni per fare del bene.”

Don Giovanni Fiocchi

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