Nazareth

“Voce ai ragazzi di Giona”: la nostra squadra di calcio, intervista all’allenatore Andrea

22 marzo 2019
Gnews

In questo nuovo appuntamento di “Voce ai ragazzi di Giona” avvertiremo un cambio di rotta rispetto alle tematiche esplorate negli articoli precedenti, in quanto metteremo in luce uno dei progetti centrali che sta portando avanti il Centro Diurno Giona: la squadra di calcio.

Mediante lo sport, l’iniziativa ha come obiettivo quello di far emergere le potenzialità dei ragazzi e di promuovere un’esperienza diretta di integrazione sul territorio. Lo sport è anche un contesto in cui si svolgono e si mettono letteralmente “in campo” atteggiamenti tipicamente umani: desiderio di vittoria, attitudine alla competizione, ricerca del miglioramento di sé, bisogno di coesione sociale… Esso è, dunque, un utile strumento di conoscenza che rivela, per certi aspetti, le dinamiche istintive, emotive ed interpersonali che abitano i ragazzi. Del resto, come ha detto un importante pedagogista nonché fondatore degli odierni Giochi Olimpici, Pierre de Coubertin, “lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”.

In via del tutto eccezionale, iniziamo allora questa doppia puntata con l’intervista all’allenatore del team, Andrea Franzini, educatore della cooperativa Nazareth, che ci illuminerà quanto alle motivazioni, intenti e finalità riguardanti la formazione della squadra.

Come è nata l’idea di creare una squadra di calcio a cinque con i ragazzi minori non accompagnati?

La squadra di Giona era già nata 10 anni fa una prima volta ed è nata di nuovo l’estate scorsa. Era un progetto pensato da molto tempo per fare un’esperienza sul territorio, uno sport di gruppo.

Qual è l’obiettivo della squadra?

L’obiettivo è di fare un’esperienza effettiva di integrazione sul territorio. Ci siamo iscritti come gruppo di stranieri e giochiamo con delle squadre italiane per dimostrare che è possibile avere degli spazi dove siamo tutti insieme, uguali. È possibile che in alcuni casi esista uno sguardo un po’ diverso da parte dei giocatori, dunque l’aspirazione sarebbe, nel lungo periodo, dar prova del fatto che non ci sia differenza con loro.

Com’è composta la squadra?

Abbiamo tredici iscritti. L’idea è di fare un gruppo composto da ragazzi dalle diverse nazionalità; al momento ce ne sono sei: Albania, Senegal, Kosovo, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia. Sono presenti anche dei volontari italiani che sono dirigenti o accompagnatori. Si tratta di un progetto impegnativo con un allenamento e una partita alla settimana.

Qual è il profilo dei ragazzi che fanno parte della squadra?

Per entrare nella squadra occorre essere appassionati di calcio, ma non è criterio necessario avere delle competenze in questo sport. Privilegiamo quei ragazzi che hanno una certa capacità di rimanere in gruppo e che posseggono determinate competenze sociali da risultare d’aiuto alla coesione di gruppo.
Un altro punto chiave è che la squadra è aperta anche ai ragazzi che non risiedono a Cremona. Il fatto di abitare fuori città non doveva costituire un ostacolo alla loro partecipazione, quindi andiamo a prendere loro a casa riportandoli poi indietro.

Perché avete inserito la squadra in un campionato?

Inizialmente era in progetto di partecipare ad un campionato ufficiale perché l’esperienza della formalità sviluppa la maturità: i ragazzi devono rispettare gli orari, le regole della partita, del gruppo, ecc. Vivono delle situazioni di competizione in cui devono gestire la loro emotività, la convivenza con altri e rispettare regole sociali, che sono anche diverse dal loro paese.
Legalmente, l’appoggio della polisportiva della parrocchia di Sant’Ilario ha permesso l’iscrizione al campionato della squadra.

Come si sono evolute le competenze dei ragazzi?

Sono cresciuti su vari livelli: hanno l’obbligo di parlare in italiano con gli altri e durante le partite; hanno imparato la tecnica, la tattica di gioco, ma anche la mentalità di gruppo. Sebbene tutti non giochino sempre, conoscono il significato di vittoria della squadra e l’importanza della collettività. Capiscono meglio il meccanismo della relazione durante una partita, relazione che ritroviamo nella società: la violenza, la discriminazione, ma anche come reagire, il perdono, le regole… Ne parliamo molto ed è una parte molto importante del nostro lavoro.

Che traguardi sono stati raggiunti da parte dei ragazzi a livello personale?

Due dei ragazzi sono entrati a far parte di una squadra della Federazione italiana Giuoco Calcio (FIGC), uno di loro fa il campionato italiano di judo. Altri due fanno dei corsi in una scuola professionale e un altro ragazzo un tirocinio in un’impresa. Il campionato ci ha permesso di conoscerli loro molto meglio e di sviluppare le loro capacità personali al massimo. I ragazzi si impegnano, ci tengono. Per noi è stato un grande successo, sportivo e di integrazione.

Per scoprire il punto di vista di uno dei giocatori, cliccate qui.