Nazareth

Special Olympics

12 settembre 2019
Gnews

Negli ultimi articoli affrontati fino ad ora, abbiamo trattato di storie, progetti ed esperienze circoscritte alla sola Cooperativa Nazareth; oggi, parleremo di un’iniziativa ideata in collaborazione con la Cooperativa Gamma: le Special Olympics. Questo progetto, cominciato da un paio d’anni, è nato dall’idea di due ragazzi che volevano fare un passo ulteriore sul tema dell’“integrazione sociale”; in particolare, facendo collaborare i Minori Stranieri Non Accompagnati e i minori con problemi di disabilità o neuropsichiatria. Da sempre lo sport èstato considerato un modo per avvicinare persone, comunità, Stati, grazie proprio agli ideali di fair play, amicizia, rispetto, miglioramento di sé e uguaglianza. È questo umanesimo illuminato che Mirco ed Andrea, gli ideatori di questo progetto, hanno intenzione di raccontare oggi in questa intervista l’esperienza delle Special Olympics.

Come è nato il progetto delle Special Olympics?

Davo: “Speciale Olympics non è un nome che abbiamo inventato noi: è un circuito internazionale di attività sportive con disabilità mentali e fisiche. All’inizio, il nome del nostro progetto, era “progetto SPIN: SPORT INSIEME” nato con l’idea di fare attività sportiva con ragazzi della neuropsichiatria e i Minori Stranieri Non Accompagnati.”

Mirco: “Tutto è nato con le attività che facevamo nei campi dell’agricoltura biologica dove ogni cooperativa svolgeva il suo lavoro separatamente. Eravamo qui, ma ognuno faceva il suo senza incontrarci. Ci sembrava un po’ strano che cooperative che hanno fragilità si incontrassero senza nemmeno salutarsi.”

Qual è l’obiettivo di unire gli MSNA ai GAMMA?

Davo: “L’obiettivo è sempre stato di puntare ad un’integrazione sociale, mediante lo sport, tra due gruppi diversi: i ragazzi stranieri con culture varie e ragazzi con disabilità mentale o fisica. Tuttavia, sapevamo ancora prima di iniziare che il nostro obiettivo sarebbe stato raggiungere l’esterno delle due cooperative per aprirci a tutta la cittadinanza; pertanto ad oggi stiamo decidendo di coinvolgere anche la comunità FIEVER con la possibilità in futuro di lavorare insieme.”

Mirco: “Certo, nasce come attività sportiva, ma si vuole estendere questa fusione per arrivare anche ai pranzi, convivenze, fino a delle vere e proprie gite. È più facile creare un gruppo dandogli in mano una palla dove la cosa comune è la voglia di vincere.”

Esprimersi a parole non è facile, mentre con la corporalità diventa estremamente più semplice creare dei legami. Questo è il mio significato di integrazione: dimostrare che un ragazzo può lavorare lo stesso, E BENE!”

Quali sono state le aspettative?

Davo: “In realtà ci siamo trovati in una situazione abbastanza favorevole poiché, data l’esperienza che ho acquisito stando nella cooperativa Gamma, non ho avuto difficoltà con gli altri colleghi a far partire questo progetto. A dirla tutta, ho avuto problemi successivamente. Tuttavia, ancora oggi sento quella strana energia che non riesco a descrivere, (Davo ha espresso questa idea come lo schiocco delle dita quando trovi una soluzione, ndr) un’euforia, per cui hai l’idea che tutto quello che stai facendo è una gran motivazione per spingerti a continuare a fare una cosa che sai essere bella.”

Mirco: “Nell’immediato è stato molto difficile: quando dobbiamo organizzare le attività bisogna ricordarsi che stiamo facendo collaborare DUE SISTEMI DIVERSI, poiché NAZARETH e GAMMA lavorano e hanno obiettivi diversi. Inoltre, ogni ragazzo ha un suo programma individuale e bisogna collegare sempre tutti questi programmi in un obiettivo comune.

A volte abbiamo dovuto organizzare queste cose oltre gli orari di lavoro: non dico che siamo arrivati a fare volontariato, ma abbiamo delle aspettative alte, poiché in futuro vorremmo aprire un’ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica, ndr). Proprio per questo motivo vogliamo continuare così.”

Davo: “Forse una reale difficoltà che abbiamo avuto e che abbiamo ancora consiste nella mancanza di istruttori, sempre per problemi di natura organizzativi. Tuttavia, dato che l’ASD è uno dei primi traguardi grossi a cui puntiamo, speriamo che arrivino col tempo anche altre persone che credono in questo progetto e possano venire ad aiutarci. Resta il fatto che son convinto che poi la volontà delle persone e l’entusiasmo che ci mettiamo porti sempre a delle cose buone.

Come hanno risposto i ragazzi?

Davo: “I nostri all’inizio erano rimasti più reticenti, spaventati perché avevano timore di confrontarsi. Altri però l’hanno vista come una sfida anche se, quando c’è da faticare, in molti tirano i remi in barca.
Questo atteggiamento si manifesta in particolare quando facciamo allenamenti fini a sé stessi. Addirittura qualcuno fa fatica a lavorare con la squadra, arrivando anche a mettere a rischio l’intero gruppo.
Ciononostante, son stati i ragazzi stessi alla fine della prima estate, a chiederci di continuare anche durante il resto dell’anno.

Mirco: “Sicuramente, per la Nazareth l’idea era di superare certi limiti dati dalle diverse culture perché: se penso ad alcune etnie che ci sono al Centro Diurno Giona, la percezione della disabilità viene vista diversamente.
Questo perché magari nel loro paese alcuni denigrano o, in certi casi, arrivano a percuotere il disabile. Anche con l’arrivo di nuovi minori stranieri, è stato più difficile quest’anno far capire loro la disabilità e che in un certo senso potremmo essere considerati tutti, in un periodo qualsiasi della nostra vita, dei “disabili”.

Per esempio: il MS (Minore Straniero, ndr) che è qua in Italia da poco e non sa la lingua potrebbe venire considerato fragile. Riuscire a far interiorizzare questo concetto l’anno scorso è stato, potremmo
dire oggi, quasi spontaneo. Abbiamo visto un’integrazione pazzesca, superiore alle nostre aspettative. WOW!

Quest’anno è un pochino più difficile partire. Piano piano speriamo di avere tempo per organizzarci meglio e, in particolare, di mantenere lo stesso gruppo senza troppe variazioni.

C’é stato qualche aneddoto che avete considerato importante?

Mirco: “Ce ne sono un paio che mi hanno colpito particolarmente. Mi ricordo di quando eravamo in piscina ed un ragazzo del Gamma aveva davvero paura dell’acqua. Ad un certo punto, un ragazzo del Centro Diurno prende l’iniziativa e fa: “andiamo a fare un giro”. Finirono per fare il giro di tutta la piscina per poi arrivare in quella più piccola. Da quel momento si innescò spontaneamente un giro coi ragazzi eccezionale.
Ci fu un altro caso, stavolta di questo ragazzo del Mali che faceva fatica a stare a galla. Nell’esercizio a coppie Minore Straniero/Gamma, a differenza di quello che ci aspettavamo noi educatori, è stato il ragazzo del GAMMA ad insegnare a nuotare al ragazzo del Mali facendo “il morto”. Ciò sfata il concetto dell’aiuto univoco, rendendolo, da quel giorno, in entrambe le direzioni, convincendoci dell’idea che stiamo andando nella direzione giusta sperando che questi risultati, di solo uno mese, fossero solo l’inizio.

Davo: “L’impronta che abbiamo voluto dare è sulla relazione, poiché i ragazzi si fidano alla cieca di noi e ci cercano spesso e volentieri. Vedere che non siamo più solo noi il riferimento, ma un MSNA con cui hanno legato, è una vittoria poiché vuol dire che i ragazzi hanno trovato una figura autorevole oltre la nostra.

Siamo entusiasti di questo risultato perché a volte i ragazzi ti dicono che vanno da qualche parte, ma alla fine si trovano in casa; quindi, riuscire per loro a trovare un amico di cui si fidano e affidano meglio del loro operatore è proprio tanta roba.

Vi dirò di più: fra massimo cinque/sei anni l’idea sarebbe di evolverci passando all’integrazione non solo sportiva, ma anche sociale; ergo quale cosa migliore sarebbe se non fare una crociera di 10 giorni di tornei a bordo di una nave, dove si faranno delle fermate nelle città per delle gite per poi ripartire verso la prossima meta?”

Mirco: “Penso alle risorse che ci vogliono Davo, però anche Io sono d’accordo… magari fra 10 anni hahaha!!!”