Nazareth

Romania 2016: in viaggio verso Atlantide

5 settembre 2016
News

Sono pochi gli argomenti di conversazione in grado di tener desto l’interesse di un gruppo eterogeneo di persone. Se si sfioreranno argomenti come il calcio, la politica estera o la possibilità di aumentare i tricipiti femorali senza l’utilizzo di anabolizzanti, la maggior parte delle donne comincerà a sbadigliare e scivolerà furtivamente verso la caraffa di sangria. Se invece si comincerà a parlare di make up, di condimenti per l’insalata o dell’ultima puntata di “come ti vesti”, la maggior parte degli uomini comincerà a lanciare monetine o fare un po’ di lotta libera con l’alano del padrone di casa.

Vi è un solo argomento di conversazione che può conciliare veramente tutti: la Romania.

Questo luogo ha il potere di sedurre (nel bene o nel male) l’immaginazione di qualunque italiano, giovane o vecchio, maschio o femmina…anche gender, e di trasformare qualsiasi serata in compagnia in una competizione fra aneddoti, miti e sentito dire riguardanti gli strani usi e costumi del misterioso stato. La Romania sta infatti nella testa degli italici odierni come Atlantide stette in quella dei Greci antichi. Con la sola differenza che gli Achei non videro mai nessun atlantideo (si dice così?) bighellonare fra le strade di Atene o rubare rame dalle statue di Sparta.

Insomma la Romania era anche per me un luogo leggendario e poco definito che esisteva più nella mia mente, sotto il costante assedio di pregiudizi di ogni sorta, che nella cartina geografica.

Essendo l’uomo un animale curioso per natura ed essendo io per natura un animale, ho fiutato subito l’occasione di esplorare l’Atlantide d’Europa. Posso dire fieramente di aver sperimentato sulla mia pelle quelle “realtà” (come amano chiamare le loro missioni quelli di Nazareth) che la cooperativa è riuscita a creare in quel territorio mitico…ma partiamo dall’inizio.

Partito per questo viaggio più con lo spirito di un argonauta di Giasone che di un volontario di Don Pier, mi imbatto, come tutti, nella prima (e forse unica) vera grande prova di tutta l’esperienza: il viaggio. 22 ore di pulmino ininterrotte. Inutile dire che in tali condizioni anche il più veterano membro di Nazareth perda completamente la concezione di spazio-tempo. Addormentarsi dietro il sedile del guidatore aspettando la colazione e risvegliarsi al volante per l’ora di cena era prassi. Essendo poi in 8 in un pulmino non può esserci fisicamente spazio per dormire. Son stato per circa 9 ore in posizione fetale fra il sedile anteriore e la portiera con gambe e braccia totalmente ritratte, alle 20.11 ero più aracnide che uomo. Dopo circa 453625 Km e mezzo, Caio decide che è ora di sostare. In tutto il viaggio ci saremo fermati si e no almeno 3 volte (due delle quali per fare benzina e comprare qualche vertebra per Caio). Se le articolazioni hanno risentito molto del viaggio, la mia geografia ne ha giovato parecchio, ora conosco perfettamente quali siano gli stati confinanti all’Austria e all’Ungheria e ho pure scoperto la Slovenia… ma stiamo divagando.

“Appena” varcato il confine rumeno, cioè dopo altre 5 ore di paesini e tangenziali nel cuore della Dacia, siamo accolti nella struttura che ci avrebbe ospitato per una settimana: una casettina graziosa tutta eternit, fiori alle finestre e scale di legno dagli evidenti problemi strutturali. Il cuore dell’esperienza è stato senza dubbio il contatto con le realtà locali quali l’orfanotrofio delle suore e i campi rom. Curioso è stato l’essere accolti nell’orfanotrofio da delle suore del Madagascar. In quel momento ho capito quanto la leggenda di Atlantide avesse veramente affascinato tutto il mondo.

La prima sorpresa è stato constatare quanto i bambini rumeni (a differenza dei loro genitori) siano identici in ogni comportamento ai pargoletti italiani a prescindere dalla cultura e dalla lingua, ne ho concluso che i bambini debbano essere una specie a se stante dall’uomo. In Romania sembrano esistere quelle stesse tipologie di “bambini da grest” che credevo essere solo italiane, inizio a pensare che possano essere divisi in sottospecie. C’è la sottospecie dei Bimbi Cozza: pargoletti che ti si attaccano alle gambe come parassiti implorando affetto morboso. Quella dei Bimbi Anarchici: grotteschi individui che scorrazzano liberi per il cortile ignorando totalmente il cerchio, gli ordini, i punteggi o i rimproveri (se poi aggiungete che i grest dalle suore comprendono bambini dai 3 anni, si 3, ai 17 immaginatevi voi che tripudio di anarchia). E poi ci sono i Bimbi Soviet: deliberatamente schierati contro l’educatore straniero (obbediscono solo agli educatori rumeni di terza generazione), questi noiosi esemplari si impegnano al meglio per rendere la già grama vita del volontario di Nazareth al limite della sopportazione umana. Potrei stare ad elencarne altre decine ma ci siamo capiti. Nel complesso non mi è mai sembrato di essere lontano da Cremona mentre minacciavo una Cozza di togliere 100 punti alla sua squadra se non si fosse scrostato dal mio polpaccio. Come avrei potuto minacciarlo se non sapevo il rumeno? Semplice, in Romania si può parlare tranquillamente italiano (seconda grande sorpresa di Atlantide). Gran parte dei rumeni conoscono l’italiano meglio di certi italiani (non dimentichiamo che i rumeni son pur sempre gli italiani del domani) gran parte dei ragazzini che ho conosciuto avevano studiato in Italia. Non son mancati, per esempio con i rom, momenti in cui anche la favella italica non era d’aiuto, in quei casi si ripiegava sul linguaggio del corpo. Visti da fuori sembravano discorsi fra epilettici ma posso assicurare che funzionano. Nel complesso è stata un’esperienza sicuramente divertente e costruttiva che consiglio a tutti coloro che amano vivere sulla propria pelle realtà diverse da quelle che vivono normalmente alla ricerca della Verità o, più prosaicamente, a tutti coloro che non sanno cosa dicosa parlare durante le feste.

Posso affermare dunque di aver esplorato Atlantide e i suoi abitanti, ma la vera scoperta è stata senza dubbio l’aver trovato tanti giovani come me disposti a mettersi in gioco, spinti da quella stessa curiosità e spirito d’avventura che ha sempre caraterizzato l’anima dell’uomo.

Guido Damini