Nazareth

Voce ai ragazzi di Giona: Dembo

4 marzo 2019
Gnews
voce ai ragazzi di giona: Dembo

Proseguiamo la nostra serie di articoli “Voce ai ragazzi di Giona” con la testimonianza di un viaggio. Sulla scia tracciata dal precedente articolo (Voce ai ragazzi di Giona: Lamine) andremo a toccare proprio quei due Paesi attorno a cui ruotava il vissuto di Lamine: la Guinea e l’Italia.

Protagonista del viaggio è Dembo, un ragazzo autoctono della Guinea giunto a Giona giovanissimo, a 14 anni. Da poco Dembo ha varcato la soglia della maggiore età: vanta il maggior numero di anni (ben quattro!) trascorsi presso il Centro Diurno rispetto a tutti gli altri ragazzi presenti. Che pazienza, Dembo!
Basta poco per accorgersi della frizzante vitalità che lo contraddistingue, la quale, unita alla sua accattivante ironia, lo rende abile nel catturare l’attenzione strappando un sorriso a chiunque.
Una delle sue aspirazioni future è intraprendere la strada del giornalismo: per questo motivo ha scelto di riportare per iscritto il suo viaggio, sollecitato, al contempo, dallo studio scolastico dell’Odissea, opera cui si sente particolarmente legato.
Per il giovane guineiano, infatti, l’abbandono della casa natale ha significato, come nel poema di Omero, una traversata costellata da una serie di prove difficili, che è stato costretto ad affrontare troppo presto quando molti ragazzi non hanno altre preoccupazioni oltre la verifica di matematica o l’allenamento di calcio.
Un altro particolare che scopriremo più avanti accomuna il giovane Dembo all’eroe greco.


Informazioni generali:

Da quanto tempo sei in Italia?
Da 3 anni.

Quanti anni hai?
18 anni.

Da chi è composta la tua famiglia?
Siamo io, mia madre, mio fratello e mia sorella.

Che Lingue parli?
Parlo francese, il dialetto Djakanké con la mia famiglia e gli altri 6 dialetti della Guinea.

Da dove vieni?
Conakry, capitale della Guinea.

Che fai adesso?
Studio perché voglio diventare meccanico!

Che cosa vuoi fare nel futuro?
Mi piacerebbe rimanere in Italia per lavorare, e voglio aiutare i giovani guineani a studiare, magari costruendo una scuola.

Condividiamo qui il suo racconto.


Il mio viaggio

Il mio paese è la Guinea, là vivevo con mia mamma a Koutia, là andavo a scuola. Dopo la scuola lavoravo con mio fratello: cucivamo i vestiti che ci chiedevano le persone che venivano alla fabbrica di mio fratello. A me piaceva studiare, ma la mamma non aveva la possibilità di aiutarmi quindi una mattina sono andato a scuola in motorino, poi ho chiamato mia sorella piccola e le ho detto di venire a prendere il motorino a scuola perché io avevo deciso di andare via. Ho preso il furgone, eravamo in nove alcuni li conoscevo, altri no, abbiamo fatto due giorni di viaggio per arrivare in Mali. Lì abbiamo preso un pullman dove c’erano molte persone. Su questo pullman sono rimasto per tre giorni, alcuni sono morti perché non avevano i soldi per prendere da mangiare e bere. Dopo tre giorni siamo arrivato in Burkina Faso, ci siamo fermati alla frontiera per controllare i documenti, chi non li aveva o pagava o tornava indietro. Io sono riuscito a passare perché avevo i documenti della scuola. Dal Burkina Faso poi siamo andati in Niger dove ci hanno fermato ancora in frontiera e anche lì sono riuscito a passare. Qui nel deserto sono state uccise tre persone perché non avevano i documenti e nemmeno i soldi. Poi sono arrivato in Libia, ho fatto tre settimane a lavorare perché avevo finito i soldi. Per raggiungere il mare ho camminato due ore di notte e ho preso la barca. Eravamo centoventi persone sulla barca e due donne hanno avuto due bambine. Ho trascorso dodici ore in barca per arrivare a Lampedusa. Ho fatto dieci giorni a Lampedusa, poi sono stato trasferito in Sicilia in barca. Dopo un giorno sono stato spostato a Milano e da li sono arrivato a Cremona.


Intervista:

Come ti è venuta l’idea di scrivere questo testo?

L’idea viene dal libro dell’Odissea di Omero che ho studiato a Giona e a casa. Ho letto il libro che parla del viaggio di Ulisse e volevo anche io testimoniare il mio viaggio. Ho trovato molte cose simili. Quando parla delle sirene mi ricorda il mio viaggio in barca. Come le sirene che vogliono far affondare il suo barcone, alcune persone, quando ho dovuto attraversare il mare, volevano rompere il barcone perché pensavano di essere perse e non arrivare mai in Italia.
Fortunatamente, non era stato autorizzato ad imbarcarsi con delle cose che possono rompere la barca come le cinture. Dopo 12 ore in mare, una barca italiana è venuta a prenderci e siamo stati ricevuti con un piatto di riso e dell’acqua calda per riscaldarci. Poi, come Ulisse che è tornato a Itaca dalla moglie Penelope e dal figlio Telemaco che lo
aspettavano da 10 anni, vorrei tornare in Guinea un giorno e trovare la mia famiglia, viva.

Nel testo hai detto che due donne hanno avuto un bambino sulla barca, puoi spiegare che cosa è successo?

Le due donne che erano sulla barca hanno partorito lì. Una di loro mi ha raccontato che era venuta dal suo paese in Libia con dei soldi da parte, ma che era stata derubata appena arrivata. È rimasta in Libia per un anno intero. Aveva bisogno di soldi e gli uomini pagavano per avere un rapporto sessuale con lei, così è rimasta incinta.
Quando succedono queste cose, può capitare che la donna, il bambino e l’uomo che si spaccia per il padre fingano di essere una famiglia per ottenere i documenti una volta arrivati in Italia.

Hai parlato a qualcuno del tuo viaggio?

No, a nessuno. Ho chiamato mia madre dopo il mio viaggio quando sono arrivato in Italia. Lei era molto emozionata. Avevo viaggiato con mio cugino, che ha 22 anni, fino all’Italia, però ci siamo separati. Lui è voluto andare in Francia, ma è stato fermato alla frontiera ed è dovuto tornare in Guinea.

Ad un certo punto nel racconto parli di alcuni “documenti di scuola”, di cosa si tratta?

Facevo finta di andare a studiare in Burkina Faso. Mostravo la tessera della scuola per far vedere che ero uno studente. Ho fatto la stessa cosa in Niger. Se non hai i documenti devi pagare o tornare indietro.

A proposito di scuola, hai detto che vuoi venire in Italia per studiare. È più difficile in Guinea?

Ho studiato in Guinea, ma nella scuola pubblica è molto difficile studiare: ci sono tra le quaranta e le cinquanta persone in una classe e l’educazione non è buona. Per studiare bene devi andare nella scuola privata, ma devi pagare. La mia famiglia non aveva i soldi per farlo.

Perché è così importante studiare secondo te?

Perché studiando puoi scegliere la tua vita e puoi aiutare gli altri. In Guinea non c’è molta educazione e non si può uscire dalla povertà senza l’educazione. Mia mamma ha sempre detto che era importante studiare. Lei è andata all’università e ha fatto l’infermiera, non voleva vedermi andare via, però io volevo cambiare la mia vita e non lo vedevo possibile in Guinea. È lei che mi ha dato la voglia di scrivere.

Pensi che questo viaggio ti abbia cambiato? Come?

Mi ha cambiato la vita, sono diventato più forte. C’erano delle cose che prima non potevo fare, mentre adesso sì: posso giocare a calcio e uscire con amici. In Guinea facevo fatica a farmi degli amici, perché mia mamma mi teneva a casa a studiare. Lei si sacrificava per permettermi di andare a scuola, lavorava tanto, quindi io dovevo impegnarmi a studiare.

Qual è il tuo rapporto con i ragazzi italiani della tua età? Ti senti integrato?

Mi sento bene, mi sento vicino a loro. Non mi sento diverso, anche se ho un passato diverso e drammatico.

Cosa ti manca della Guinea?

Mia mamma, prima di tutto. Poi il mare, il motorino e gli amici.

Che messaggio vuoi dare con questo testo?

Vorrei avvertire le persone che vogliono venire in Italia della pericolosità del viaggio. Il mio viaggio era difficile, avevo 14 anni ed ero il più giovane del gruppo. Ho attraversato Mali, Burkina, Niger, Agadez, Libia ed è durato un mese. In Libia ho dovuto lavorare come muratore e abitavo in un campo. Pensavo che sarebbe stato più facile.

Ho molti amici che mi hanno chiamato perché volevano anche loro venire in Italia, però ho detto loro di non farlo perché il viaggio è troppo difficile. Anche io se potessi tornare
indietro, rimarrei in Africa. È stato troppo rischioso e ho visto troppe cose pericolose.