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Dal carcere al bistrot passando per la coltivazione bio: l’economia circolare del consorzio Sol.co. «Abbiamo deciso di puntare sugli ortaggi, perché volevamo insegnare ai nostri ragazzi un mestiere completo, quello di chi conosce e coltiva le piante», sottolinea Giusy Brignoli, responsabile agricoltura della coop.
Un pubblico variegato quello che, ogni giorno, varca la soglia del Bon Bistrot a Cremona. C’è una coppia anziana che arriva sorridente attorno alle 13 per pranzare, «perché così passiamo un’ora insieme fuori da casa. E poi il cibo è buono!». C’è Mario, che lavora in un ufficio vicino e che viene qui per colazione, «perché ormai questo è diventato un luogo di ritrovo per tanti amici e colleghi». E c’è Anna, studentessa, che apprezza «l’ottimo rapporto qualità-prezzo». Il Bon Bistrot si trova presso il Civico 81, uno spazio recentemente ristrutturato dal Consorzio Sol.co Cremona, in via Bonomelli 81.
«Si tratta dell’ultima tappa, in ordine cronologico, di una filiera del cibo solidale, che stiamo sviluppando a Cremona e dintorni», spiega Giusi Biaggi, presidente del Consorzio. «In questa filiera sono attive due delle cooperative a noi associate: la cooperativa sociale Nazareth, con la sua azienda agricola Rigenera e la cooperativa sociale Varietà, che gestisce appunto il Bon Bistrot. Entrambe sono nate come cooperative di tipo A: la prima si è sempre occupata di servizi educativi per minori e famiglie, la seconda di disagio psichico. Insieme, qualche anno fa, hanno modificato il loro statuto, sono diventate cooperative di tipo misto e si sono cimentate nel settore del food. Il tema del cibo l’abbiamo scelto, perché è quello che, più di ogni altro, può mettere in contatto il mondo del sociale con la gente, con la città».
La prima tappa di questa filiera del cibo solidale risale al 2014, quando la cooperativa Nazareth ha avviato la sua azienda agricola su un terreno di tre ettari e mezzo. «Cremona è una provincia agricola», spiega Giusy Brignoli, responsabile del settore agricoltura biologica della coop. «Nel nostro territorio si coltivano soprattutto cereali per la zootecnia e per la produzione di biogas. Quando abbiamo deciso di investire sull’agricoltura, abbiamo preferito puntare sugli ortaggi, perché volevamo insegnare ai nostri ragazzi un mestiere completo, quello di chi conosce e coltiva le piante. La scelta del biologico è venuta da sé, un po’ per il rispetto dell’ambiente che ci ospita. Un po’ per amore verso noi stessi, così lavoriamo a rischio chimico zero, e verso i consumatori finali, che ricevono prodotti di altissima qualità, il più possibile sani. Coltiviamo nell’anno circa 60 ortaggi diversi. L’anno scorso ne abbiamo raccolti 400 quintali». I prodotti dell’agricoltura biologica vengono venduti attraverso diversi canali: i mercatini agricoli in città, la bottega della cooperativa Nazareth, il conferimento a Filiera Corta Solidale, una rete di commercio etico che rifornisce gruppi di acquisto solidale.
Un progetto che si sta ampliando sempre di più: al Civico 81, da qualche mese, c’è infatti anche una foresteria che ospita studenti e giovani lavoratori. «E infine abbiamo aperto il Camping Parco al Po:» conclude Biaggi, «l’idea è quella di allargarci dal food al settore del turismo e dell’accoglienza. Con l’obiettivo di offrire nuove opportunità di sviluppo al nostro territorio e un lavoro a tante altre persone in difficoltà».
Importante è anche la trasformazione degli ortaggi, lavorati in un laboratorio all’interno della casa circondariale di Cremona. «Quattro detenuti e una nostra collaboratrice realizzano passate di pomodoro, conserve e soprattutto la giardiniera, prelibatezza tipica cremonese» continua Brignoli.
«Da ottobre 2016, da quando cioè è sta to aperto il Bon Bistrot, i nostri prodotti servono anche per preparare i piatti offerti ai clienti».
«Il nostro consorzio si trova da diversi anni in via Bonomelli al numero 81», prosegue Biaggi. «Quando abbiamo deciso di rimodernare gli spazi (inaugurati ufficialmente a dicembre, con il nome di Civico 81), abbiamo subito pensato di aprire un bar ristorante. Molto spesso, infatti, questo luogo, che ospita diverse cooperative sociali a noi associate, veniva visto come un ghetto per le persone più disagiate. C’erano pochi contatti tra noi e il resto della città. Il Bon Bistrot, aperto a tutti — così come il mercatino agricolo che Nazareth organizza ogni martedì e venerdì nel cortile del Civico 81 — vuole essere un’occasione di contaminazione tra il dentro e il fuori. Tra la normalità e la fragilità. Anche per questo i nostri servizi sono offerti con gran- de cura: perché vogliamo che chi viene qui, trovi cose buone e si senta a casa». I pasti preparati ogni mese sono già circa 10mila. Con la filiera del cibo, le cooperative Nazareth e Varietà danno lavoro a tante persone, molte delle quali in situazioni di disagio. Al momento i collaboratori sono 25: 12 nella coltivazione e trasformazione dei prodotti, 13 al Bon Bistrot. Il 50% sono soggetti svantaggiati: immigrati, rifugiati, detenuti e persone che soffrono di disabilità fisiche e mentali.
Tra di loro c’è Ahmed, 21 anni. Fuggito minorenne dall’Egitto, dopo un viaggio su un barcone, ha raggiunto la Sicilia. Affidato alla cooperativa Nazareth, è stato poi assunto nell’azienda agricola: «Vengo da una famiglia di contadini, la natura è la mia vita! Mi piace questa catena felice che parte dalla nostra verdura e che arriva fino alla tavola dal Bon Bistrot. Il nostro slogan, non a caso, è “dalla terra alla tavola”». Monica, invece, ha 18 anni e al Bon Bistrot fa la cameriera. «Ho avuto problemi di salute e non ho più potuto vivere con la mia famiglia. Questo lavoro mi sta dando forza, qui mi sento felice! E poi i nostri prodotti sono buoni: venite ad assaggiare la nostra giardiniera, è unica!».
«Le cooperative sociali di Cremona stanno puntando sulla qualità: quella degli ortaggi coltivati secondo le regole del biologico, quella dei prodotti trasformati e quella dei piatti serviti nel Bon Bistrot», spiega Stefano Granata, presidente del Gruppo Cooperativo Cgm, a cui il Consorzio Sol.co Cremona aderisce. «E questa qualità riescono a raggiungerla, ogni giorno, valorizzando le risorse umane più fragili del territorio. Credo che qui stia la vera innovazione sociale di questo progetto!».
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